I Cartelli industriali nella Finlandia del 1920-30: l’importanza del linguaggio competitivo


19-06-2017

Se buona parte delle analisi di storia economica si è concentrata sul ruolo e sulle attività dei Cartelli industriali, il cui fine principale era la limitazione della concorrenza, il contenimento della produzione e l'aumento dei prezzi, con l'articolo "The natural competition: Finnish cartels in the interwar period" Mika Kallioinen, docente di Storia Economica all'Università di Turku in Finlandia, getta una nuova luce sul ruolo dei Cartelli, in relazione all'uso e al significato sociale che gli imprenditori attribuivano alla concorrenza, nella Finlandia negli anni '20-30 a cavallo delle due guerre mondiali.


L'articolo di Kallioinen esamina l'attività di tre cartelli dell'industria finlandese - del cotone, della segheria e dell'ingegneria meccanica - da un'angolatura completamente diversa da quelle finora adottate dalle teorie del pensiero economico dominante. Certamente i cartelli industriali finlandesi erano nati per ridurre la concorrenza controllandola ma quello che di sorprendente emerge in quest'analisi è il significato che gli imprenditori privati attribuivano alla concorrenza e l'uso strumentale del suo significato sociale per legittimare la propria presenza monopolistica nel mercato interno e tenere la concorrenza estera fuori dal mercato nazionale finlandese. Il punto di vista di Kallioinen parte quindi dall'analisi della centralità del linguaggio e dell'uso delle parole che ne deriva per interpretare la società che ci circonda.


Nei dibattiti della sfera privata imprenditoriale finlandese comincia dunque a circolare un vero e proprio "vocabolario" che definisce la concorrenza come "malattia" se non addirittura "una manifestazione di follia". Parole come "insana", "deprimente", "distruttiva", "minacciosa", "sleale" ricorrevano spesso nei documenti e nelle strategie adottate dagli imprenditori di allora. Se da una parte la ragione fondante dello Statuto dei cartelli finlandesi era la restrizione della concorrenza fino al raggiungimento desiderato di una "organized cooperation", dall'altro lato vi era anche un giudizio morale, una resistenza culturale alla concorrenza.


La concorrenza, soprattutto estera, era definita dai cartelli, una vera e propria minaccia per l'interesse nazionale, perché toglieva lavoro e di conseguenza benessere in Finlandia. Era quasi un'attività "patriottica" nell'interesse dell'industria nazionale. Come fa notare l'autore il "vocabolario della concorrenza" circolava di rado nei dibattiti pubblici della politica, che in modo tacito approvava le attività anti-competitive dei cartelli. Secondo Kallioinen sarebbe riduttivo, se non sbagliato limitare il ruolo dei cartelli alla semplice limitazione della concorrenza, poiché gli stessi hanno ridefinito le regole del gioco su cui poggia l'attività delle Imprese.


I cartelli finlandesi hanno saputo infatti interpretare la "concorrenza" adattandola alle loro strategie di business e fare un uso innovativo del linguaggio anticoncorrenziale per massimizzare i loro profitti attraverso una "stabile cooperazione" giustificata da un più alto interesse generale.

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